Edito dal "Royal Institute of International Affairs" - organismo indipendente che promuove, secondo criteri di rigore ed imparzialità, lo studio di problematiche di rilievo internazionale - il volume "Intelligence power in peace and war", muovendo prevalentemente dall'analisi dei modelli britannico e statunitense, delinea un organico ed analitico quadro espositivo della natura e del ruolo dell'intelligence, sia in tempo di pace che di guerra.
Il libro trae origine da un duplice filone di esperienze vissute dall'autore, Michael Herman: il primo rappresentato dai trentacinque anni trascorsi in qualità di alto funzionario dell'intelligence britannica, coincidenti quasi perfettamente con l'epoca della guerra fredda, ed il secondo risalente al periodo successivo al suo collocamento in quiescenza, dedicato all'insegnamento universitario in materia di intelligence e ai relativi studi dottrinari.
Obiettivo dichiarato dell'Autore è quello di ampliare e migliorare il quadro conoscitivo in materia di intelligence, secondo un approccio "asettico", esente cioè da posizioni di favore o di critica. E ciò in ragione dell'importanza vitale di questo settore nello Stato moderno, rivelatosi fattore decisivo nel conseguimento di successi e di fallimenti nell'attività di governo e dal cui approfondimento non si può prescindere ove si voglia accedere ad un'esaustiva conoscenza della storia moderna, degli studi sulla guerra, sulle relazioni internazionali o di scienza politica.
In tale prospettiva, l'interessante volume, che si segnala anche per chiarezza ed organicità espositiva, traccia le linee di sviluppo dell'intelligence - intesa come sistema di organizzazione e di raccolta delle informazioni, analisi e previsioni - dalle origini ai nostri giorni, lumeggiandone l'ampio spettro di targets e il relativo modus operandi, caratterizzato, nelle più recenti evoluzioni, dal ricorso alla sorveglianza satellitare e dalla crescente rilevanza della raccolta informativa su base elettronica.
La disamina è in particolare focalizzata sull'aspetto teleologico dell'attività in parola, sintetizzabile nel supporto informativo per l'Esecutivo e di analisi funzionale ai processi di policy-making e di decision-taking. Ed in relazione a tale peculiare finalità, trova spazio una approfondita analisi delle qualità che devono connotare l'attività di intelligence perché assuma credibilità presso i suoi "fruitori" istituzionali.
Di particolare interesse il capitolo sul "management", in cui l'Autore, partendo da una sintetica ricognizione dei fallimenti registrati nell'attività di intelligence, esamina le opportune modalità di intervento su suoi aspetti organizzativi e gestionali, idonee ad incrementarne le possibilità di successo.
In tale ambito, pur riconoscendo all'intelligence l'"istinto imprenditoriale", in quanto attività protesa alla massimizzazione della soddisfazione dell'utilizzatore finale, esplora le ragioni che rendono sconsigliabile ed impraticabile l'applicazione a tale settore dei parametri e delle tecniche mutuate dalla cultura di impresa al fine di decidere gli investimenti e l'allocazione delle risorse.
Analogamente, sia pure su un piano diverso, l'Autore motiva, con argomentazioni di pregio, la difficoltà di applicazione al settore di intelligence dei criteri e principi che presiedono all'attuale ricerca di standard di efficienza nella generalità della Pubblica Amministrazione.
Nella parte conclusiva l'analisi si incentra sulla valenza dell'intelligence nel periodo successivo alla fine della "guerra fredda" e sugli importanti contributi alla sicurezza internazionale che ne possono scaturire.
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